Il Carnevale in Lombardia, curiosità sull’evento più divertente dell’anno

Il Carnevale Ambrosiano

Nel rito ambrosiano (osservato nella maggior parte delle chiese dell’arcidiocesi di Milano e in alcune delle diocesi vicine) il periodo quaresimale inizia con la prima domenica di Quaresima. L’ultimo giorno di Carnevale è il sabato, quattro giorni dopo rispetto al martedì grasso in cui termina il Carnevale celebrato dove si osserva il rito romano. Al centro delle tradizioni c’è la figura del Vescovo Ambrogio. Una delle versioni più note vuole che il vescovo fosse impegnato in un pellegrinaggio e avesse annunciato il proprio ritorno per carnevale, per celebrare i primi riti della Quaresima in città. La popolazione lo aspettò prolungando il carnevale sino al suo arrivo, che avvenne in ritardo di quattro giorni, posticipando così il rito delle Ceneri alla domenica. In realtà questo Carnevale lungo, il cosiddetto “Carnevalone” ambrosiano, deriva da un’inalterata osservanza della sua durata originaria. Non sono quindi i milanesi che l’hanno allungato, ma gli altri che l’hanno accorciato.

Il Bell e il Brut al Carnevale di Schignano

Il Carnevale di Schignano mantiene ancora oggi il carattere antico di una manifestazione che affonda le sue radici nel Medioevo e si caratterizza per le splendide maschere lignee. Tutta la sfilata si basa sulla contrapposizione di due personaggi principali: i belli e i brutti. I primi indossano raffinati vestiti, molto colorati e ricoperti di pizzi e scialli. I cappelli sono ornati da fiori e animali in carta e tessuto e impreziositi da fiocchi e penne di fagiano. I brutti, invece, hanno un aspetto inquietante: indossano vesti povere e sporche e trasportano oggetti di uso quotidiano come scope, valigie e ombrelli rotti. Nel corteo sono presenti anche i “sapör” (zappatori) che rappresentano i primi abitanti della valle e indossano pelli di pecora e una folta barba bianca. Ad animare l’allegra briga anche il Mascarun, la maschera del ricco signorotto locale (nella foto), e la Cioca, sua moglie. Responsabili dell’ordine durante la manifestazione sono i “sigurtà” che si pongono alla guida del corteo. Queste maschere conducono i partecipanti alla sfilata fuori dal paese di Schignano fino alla località di Cima dove, legato a una slitta sta il “Carlisepp”, un uomo mascherato di cui nessuno conosce l’identità. Il Carlisepp viene portato a spalla fino alla piazza del paese, deposto e slegato. Tutte le maschere vi si affollano attorno per cercare di rianimarlo ma invano. Alla sera, un fantoccio viene collocato su un rogo e fatto ardere: il Carnevale muore e ci si avvia verso la Quaresima.

Il Carneval Vecc a Grosio

In Valtellina è famoso soprattutto il “Carneval Vecc” di Grosio, che coinvolge le varie contrade e che si svolge ogni prima domenica di Quaresima dell’anno, secondo l’antica tradizione del paese, quando i festeggiamenti che seguono il rito ambrosiano sono già conclusi in tutte le altre località lombarde. Il nome “Carneval Vecc” indica un fantoccio imbottito di paglia con le corna, che simboleggia la miseria dei tempi da dimenticare. L’antica tradizione comporta che alla fine della festa questo fantoccio venga bruciato come un rituale di buon auspicio per una buona stagione. Caratteristiche sono le “Maschere del Carneval Vecc” che vengono simpaticamente riproposte con costumi che sono tramandati di padre in figlio, come ultima parentesi goliardica prima del tempo del sacrificio quaresimale appena iniziato. Si tratta di personaggi tipici, ognuno dei quali ha una proprio significato nella manifestazione: l’ “Orso”, con indumenti in pelle, il “Toni”, che con il suo abito gonfio di paglia apre il corteo, la “Bernarda”, un adulto travestito da poppante, e la “Magra Quaresima”, una donna vestita miseramente, con pesci appesi su un vestito a fiori.

Musica, folklore e scherzi al Carnevale di Bagolino

A Bagolino (piccolo paese della Val di Caffaro nelle montagne bresciane) si svolge un carnevale con musiche originali e balli e costumi molto belli, dei ballerini che portano un ornatissimo cappello di nastri. Ogni anno si forma una compagnia di ballarì che paga e comanda il gruppo dei sunadur. Il capo ballerino, o banditore, annuncia il ballo che gli viene richiesto da uno o più ballerini, i suonatori attaccano e la compagnia comincia a danzare. Le donne sono escluse dalle danze: ad esse è affidata esclusivamente la preparazione dei costumi e specialmente il cappello. Ballerini e suonatori girano il paese fermandosi davanti alle case di parenti o amici o “morose” per eseguire le danze. Quelli di casa offrono da bere o danno al banditore un’offerta che servirà per pagare la cena comune alla fine del carnevale. Il costume dei ballarì è costituito da un abito di panno nero con calze bianche sul quale vengono poi aggiustati uno scialle colorato ed una banda di seta messa a tracolla e fissata al fianco da una coccarda. L’elemento più decorativo di questo costume è però il cappello tutto ricoperto di nastri colorati ripiegati su se stessi con un grosso fiocco sulla sinistra e gioielli. Il viso è coperto da una maschera di tela dipinta di bianco su cui è disegnata una bautta nera. Le labbra sono dipinti di rosso. Gli strumenti usati sono soprattutto ad arco: violini e contrabbasso, con l’aggiunta di due o più chitarre cui è affidato l’accompagnamento ritmico. A lato di questo carnevale, si svolge quello cui partecipa tutto il resto del paese che si mette in maschera e gira per le strade divertendosi a fare scherzi. Qui i travestimenti sono molti vari, ma quello dei mascher è il più tradizionale con l’antico costume del paese. Quello maschile è il già citato ceviöl, ossia l’abito di panno nero, con gilé, giacchetta, pantaloni al polpaccio e ghette. Quello femminile è composto dalla gonna di tessuto antico dipinto a mano, dallo scialle e dal grembiule. Tutti calzano gli sgalber, cioè gli zoccoli di cuoio con suola in legno. Tutti portano la maschera e spesso la scambiano tra loro per non far capire alla gente chi è l’autore di questo o quello scherzo.

Gran Carnevale cremasco

Un’altra tradizione lombarda è quella del Gran Carnevale Cremasco, una festa padana storica (le prime tracce documentate risalgono addirittura al Quattrocento) che nei secoli aveva perso smalto, fino a passare inosservata nella prima metá del Novecento. Dal Dopoguerra in poi la tradizione però ha ritrovato oggi tutto il suo vigore. Il periodo d’oro della stagione carnevalesca si compie negli Anni Cinquanta. In occasione del Carnevale Cremasco del 1955 viene lanciato il concorso per la scelta della tipica maschera cremasca. Vince Paolo Risari, titolare della trattoria degli Angeli in Via Mazzini, detta Curt Granda, con la maschera “dal Gagèt còl sò Uchèt”, diventato l’emblema stesso del Carnevale Cremasco, di cui apre ritualmente sempre la sfilata.

Il doppio Carnevale del Canton Ticino

La severa e austera Svizzera si trasforma nei giorni del Carnevale, festività molto sentita e partecipata. Il Canton Ticino non fa eccezione e addirittura “raddoppia”, dal momento che alcune località – pur facendo parte della diocesi di Lugano – osservano il rito e quindi anche il Carnevale Ambrosiano. Si tratta di Brissago, Tesserete e Biasca, dove vengono organizzati pittoreschi carnevali che si concludono nel tradizionale sabato grasso. Tra i principali carnevali di rito romano figurano invece la “Stranociada” di Locarno, il “Nebiopoli” di Chiasso e naturalmente il “Rabadan” di Bellinzona, uno dei più importanti di tutta la Svizzera.

Arlecchino, la maschera più famosa

È forse la più nota delle maschere, comunque tra le più famose. Come Brighella, anche Arlecchino è di Bergamo. Il suo bizzarro vestito variopinto e di cento colori sarebbe dovuto al buon cuore dei suoi compagni: questi, in occasione del Carnevale, gli regalarono pezzi di stoffa dei loro abiti, affinchè anch’egli avesse un costume. Porta la maschera nera e la spatola di legno. Il suo carattere è un insieme di astuzia, di coraggio e di poltroneria. E’ il prototipo del servo furbo ed adulatore, sciocco, loquace, abile in ogni scherzo e raggiro alle spalle del padrone, in grado di conseguire risultati preclusi alla dignità degli altri personaggi della commedia dell’arte. Il nome deriva probabilmente da Hellequin, diavolo comico nelle rappresentazioni medioevali francesi. La maschera di Arlecchino è frutto dell’innesto dello Zanni bergamasco con personaggi diabolici farseschi della tradizione popolare francese; Arlecchino, infatti, lo troviamo per la prima volta a Parigi alla fine del Cinquecento su un palcoscenico gestito da comici della commedia dell’Arte italiana detta dei ‘Raccolti’. L’attore che interpretava la prima maschera di Arlecchino, si chiamava Tristano Martinelli ed era nativo di Mantova.

La sfilata di Mezza Quaresima a Bergamo

A metà tra Carnevale e Pasqua, Bergamo celebra la Sfilata di Mezza Quaresima (domenica 11 marzo), evento che attira anche 60mila persone ed è promosso dal 1924 dalla storica associazione Ducato di Piazza Pontida. Una tradizione che si perde nel tempo, quando la parata con la sua carica di goliardia smorzava il rigore del periodo quaresimale. Oggi la manifestazione ha quasi completamente perso la connotazione religiosa, ma conserva il suo fascino carnevalesco. La sua atmosfera gioiosa, i carri allegorici e la tradizionale cerimonia del “Rasgamènt de la Égia”, con cui si mettono simbolicamente al rogo le brutture della città, attira visitatori anche da fuori provincia. Il sabato prima della sfilata si tiene il concorso de “La Ègia piö bèla”, al quale partecipano tutti i gruppi e i carri.

Il celebre “Meneghin” e la moglie Cècca

E’ la maschera simbolo di Milano, tanto che i cittadini all’ombra della Madonnina sono chiamati proprio “meneghini”. Stiamo parlando di “Meneghin”, tradizionale maschera nata alla fine del XVII secolo. Il suo nome è un diminutivo di “Domeneghin” (Domenico) e incarna il popolano milanese, con i suoi pregi e le sue virtù. L’abbigliamento? Lì’immancabile cappello tricorno, i calzoni verdi e le calze a righe bianche e rosse. Al suo fianco c’è la moglie “Cècca” (Francesca)

 

 

 

 

 

 

 

 

Posted in Curiosità By Fermento.blog

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